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Simo Häyhä, il più abile cecchino della storia

Simo Häyhä, il cecchino infallibile nelle nevi della FinlandiaSoprannominato la “Morte Bianca” dai soldati russi, fu l’eroe della Guerra d’inverno: oltre 700 uccisioni in meno di cento giorni

Articolo tratto da Linkiesta

D’inverno, con temperature che toccano i -20 gradi e la neve che copre ogni cosa, ci abitano solo renne, lepri e cacciatori. Un deserto bianco alla frontiera con la Russia dove sorge Rautjärvi, comune finlandese che oggi conta circa tremila abitanti nella Carelia meridionale. Una pianura fatta di foreste e laghi ghiacciati. Il migliore campo d’allenamento per il cecchino più letale della storia: Simo Häyhä, circa 700 soldati sovietici uccisi (stima al ribasso) in meno di cento fra il 1939 e il 1940.

Durante quella che è passata alla storia come la Guerra d’Inverno, Häyhä divenne l’eroe e il simbolo di un’intera nazione. Il conflitto, infatti, rappresenta il passo decisivo verso l’indipendenza della Finlandia dalla Grande Madre Russia che fin dai primi dell’Ottocento controllava la regione. Una storia fatta di concessioni d’autonomia e processi di russificazione che divisero la società finlandese fino alla guerra civile del 1918. Un’occasione che il piccolo Paese scandinavo (abitato allora da soli tre milioni di abitanti su 338.424 chilometri quadrati) non si lasciò scappare per colpire L’Orso Russo già piegato dalla Rivoluzione d’Ottobre.

All’epoca, Simo Häyhä aveva 13 anni. Nato nel 1905, trascorse la propria infanzia nella fattoria dei genitori prima di arruolarsi nella Guardia Civile nel 1922. E lì ebbe inizio la leggenda. A suon di colpi singoli, Häyhä e il suo Mosin-Nagant diventarono una cosa sola. «Si tratta di un arma rivoluzionaria», afferma Marco Milazzo, perito ed esperto d’armi. «Il Mosin-Nagant è un fucile russo con un tiro utile di due chilometri che sparava proiettili calibro 7,62x54R usati dai sovietici per perforare i sacchetti da trincea utilizzati dai tedeschi». Sul mercato delle armi d’epoca oggi vale fra i 200 e i 300 euro. La versione finnica di Häyhä, invece, arriva a 500-600 euro. Un sovrapprezzo che tiene conto delle piccole dimensioni dell’esercito finlandese: i Mosin-Nagant prodotti dai scandinavi arrivavano a fatica a 130 mila (contro i 21 milioni prodotti dai sovietici). Per tutti gli altri soldati c’erano quelli rubati ai russi.

Diciassette anni dopo, quando l’Armata Rossa invase la Finlandia per prendere il controllo della Carelia e di altri territori lungo il confine prima che i nazisti potessero fare lo stesso, Simo Häyhä fu mandato in prima linea. Vicino alle rive del fiume Kolla, in un luogo che fin da bambino conosceva bene, divenne il terrore dei fanti russi fino a guadagnarsi il soprannome di “Morte Bianca” (Belaya Smert, in russo). A chi, dopo il conflitto, gli chiedeva come avesse potuto essere cosi efficace, la risposta fu sempre una sola: «Pratica». Una risposta riduttiva. «La tecnica del cecchinaggio era ancora agli albori», ricorda Massimo Longo Adorno, autore di La guerra d’inverno (2010). «Ma rispetto ai suoi colleghi utilizzava una tecnica particolare: non si appollaiava sugli alberi, ma si acquattava a terra. Spianava la neve davanti alla canna del fucile e se ne metteva un po’ in bocca per evitare la condensa». Tutto per rendersi “invisibile”.

Ma quel che ha fatto di Häyhä una leggenda, non è stato solo il numero di vittime (di cui non si è mai pentito: «Ho fatto quello che mi hanno ordinato. E l’ho fatto al meglio che ho potuto»). Il Mosin-Nagant che utilizzava il cecchino finlandese non aveva nessun mirino telescopico, solo le tacche metalliche in coda e in testa al proprio fucile. «Aveva intuito che utilizzando uno strumento ottico sarebbe stato individuato dai suoi nemici a causa del riflesso prodotto dal sole sulla lente. Una volta posizionato, sparava a bersagli nel raggio di 400 metri. A quella distanza, sebbene sia un puntino, ogni figura occupa esattamente lo spazio fra le tacche metalliche del mirino», rivela Milazzo. «E data la tattica russa di attaccare avanzando con un grande dispiegamento di uomini in riga – aggiunge Adorno – poteva facilmente fare incetta di vittime».

Solo un colpo d’artiglieria riuscì a mettere fuori gioco Häyhä causandogli una ferita alla mandibola che lo segnerà per tutta la vita (conclusa il primo aprile 2002 all’età di 97 anni) rendendo la sua figura ancora più iconica. Alto un metro e sessanta, smilzo e solitario Häyhä non ha la statuarità dell’americano Chris Kyle (immortalato dall’ultimo film di Clint Eastwood, American Sniper), né il fascino esotico del russo Vasilij Grigor’evič Zajcev (portato sul grande schermo da Jude Law in Il nemico alle porte). Per essere il numero uno, però, l’unica cosa che conta è la pratica: «Sparavo, caricavo e continuavo a farlo finché vedevo un nemico».

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