Il gioco e la guerra: evocare e dissipare la violenza
Nel mio passato di giocatore, talvolta mi è capitato di dover spiegare il soft air ai profani con un certo imbarazzo, quasi giustificandomi, come se praticassi un passatempo clandestino per violenti e guerrafondai. I “benpensanti” storcevano la bocca e strabuzzavano gli occhi udendo la descrizione dei nostri “giochi di guerra”. Nei primi anni spesso si cercavano i sinonimi più innocui per descrivere quello che appariva come una passione illecita. Lo stesso nome ufficiale – soft air, “aria soffice” – sembra voler attenuare qualcosa che potrebbe apparire troppo evocativo se chiamato con il nome in fondo più appropriato: wargames. Infatti è questo che facciamo, il nostro è un gesto sportivo che imita la guerra e spesso si ispira ad eventi bellici realmente avvenuti.
L’aggressività è insita nell’uomo, la ricerca di uno strumento che prolunghi il raggio d’azione del nostro braccio è iniziata all’età della pietra, o addirittura prima, per poi arrivare alle testate atomiche.
Ho la personale convinzione che in realtà ogni sport altro non sia che il tentativo d’incanalare, convogliare questo aspetto innato in ogni uomo. Forse le stesse Olimpiadi, apoteosi e simbolo dello sport, non sono altro che una simulazione di guerra fra nazioni, combattuta in modo incruento mettendo a confronto le capacità dei propri uomini; in fondo il lancio del giavellotto che altro è se non un gesto di guerra? Uomini che scagliano un’arma appuntita e micidiale il più lontano possibile confrontandosi con altri uomini e donne, di nazioni diverse, di gruppi diversi, di squadre diverse… Tralasciando altri mille esempi di sport chiaramente “evocativi”, che tuttavia non scandalizzano nessuno (scherma, tiro a segno, pugilato eccetera) pensiamo al popolarissimo e innocente calcio, o meglio al suo antenato: il calcio fiorentino. Il tradizionale e popolare gioco storico nacque nell’antichità proprio come esercizio per i legionari romani, che così avevano modo di mantenersi allenati in tempo di pace, mettendo alla prova la propria forza nel corpo a corpo – e chi ha visto una partita di calcio fiorentino sa di cosa parlo – e nel contempo convogliavano in questa valvola di sfogo l’energia e l’aggressività potenziali trasformandole in spettacolari sfide sportive.
Dai romani al medioevo, allorquando con simili finalità nascevano i tornei, le giostre, le ordalie: abili cavalieri che in tempo di pace o di guerra mettevano alla prova la propria abilità e il proprio coraggio; campioni di opposte fazioni che si sfidavano seguendo regole precise e rigorose. In una parola: sport.
La storia del medioevo ci narra di assedi che vennero risolti con un duello tra due soli combattenti: entrambe le parti posero nelle mani dei loro campioni le sorti della guerra, accettando regole condivise e risparmiando così centinaia o addirittura migliaia di vite umane.
Leggende narrano di duelli perfino in Terrasanta, oltremare, ai tempi delle Crociate; ancor oggi sono vivi i celeberrimi palii, le disfide tra rioni, la battaglia delle arance e mille altri eventi di cui l’Italia delle città storiche è ricca. Evocazioni e rievocazioni di battaglie, antichi attriti fra uomini risolti con un gioco. Sappiamo che in alcune città l’estremo campanilismo fra contradaioli durante queste gare crea provvisorie separazioni, perfino in seno alle famiglie, come una vera e feroce guerra, per poi tornare alla normale e serena vita quotidiana dopo pochi giorni.
Un’antica saggezza ci insegna che, attraverso il gioco, si può esorcizzare la guerra e il dolore che ne consegue, e tutta la storia dello sport è la dimostrazione del valore “terapeutico” del gioco – con ciò senza inoltrarci negli aspetti pedagogici e formativi delle vere e proprie discipline marziali che arrivano dall’Oriente (come del resto il soft air) – che raggiunge il suo pieno significato in tempo di pace.
Nel sito internet di un prestigioso club ligure, l’Armagheddon di Borghetto Santo Spirito, campeggia un motto, che prenderò in prestito per sintetizzare il mio pensiero: «Meglio giocare alla guerra che fare una guerra per gioco!».
Massimo Dereani
Direttore responsabile Soft Air Dynamics
Stampa seicentesca raffigurante una “guerra dei pugni” svolta per gioco tra fazioni contrapposte sui ponti di Venezia.