Il presunto infermiere omicida è un softgunner
Nota della nostra redazione: una brutta storia, sulla quale non ce la sentiamo di esprimere pareri. Salvo rilevare il fatto che portare sempre con sé una replica da soft air e magari sparare qualche colpo in ufficio sono sicuramente comportamenti sbagliati e riprovevoli, ma da qui a considerarli indicativi di una personalità criminale ce ne passa. E anche tanto.
Infermiere killer, la moglie di Wick: «È stato incastrato, non è un mostro»
A Macerata la deposizione choc della consorte del sanitario accusato di aver ucciso otto pazienti e averci provato con altri quattro
Articolo di Fabio Castori per Il Resto del Carlino Ascoli
Macerata, 27 gennaio 2022 – «Quando i carabinieri hanno effettuato la perquisizione a casa nostra, nello zainetto di mio marito non c’erano flaconi di medicinali. Quel farmaco è spuntato solo dopo e io non l’ho mai visto con i miei occhi».
È la dichiarazione choc fatta, ieri mattina, davanti alla Corte di Assise di Macerata, dalla moglie di Leopoldo Wick, l’infermiere ascolano di 58 anni, accusato di aver ucciso otto pazienti con iniezioni di insulina e tranquillanti e del tentato omicidio di altri quattro, tutti in cura nella residenza sanitario di Offida (Ascoli). Una dichiarazione che alimenta più di dubbio sulle modalità di ritrovamento del famoso flacone di insulina diventato uno degli elementi cardine dell’accusa. «Mio marito», ha ribadito la moglie di Wick, «era chiuso nel suo studio insieme ad altri militari dell’Arma ed io ho assistito alla perquisizione del suo zainetto, ma non ho mai visto dei farmaci al suo interno».
La donna non crede che il marito sia un mostro, ma piuttosto che sia stato incastrato. Poi ha spiegato il perché portasse sempre con sé una pistola ad aria compressa: «La utilizzava per praticare il softair e l’aveva spesso nello zainetto perché a volte si fermava nel campo di allenamento che si trova durante il tragitto che percorreva per tornare a casa». Il softair è un’attività ricreativa basata sulla simulazione di azioni militari e per praticarla vengono utilizzate delle riproduzioni di armi da fuoco che sparano piccoli pallini in plastica biodegradabile da 6 mm, innocui per un essere umano.
Contrariamente a quanto raccontato dalla moglie di Wick, però, ci sono testimoni che l’avrebbero visto sparare anche quando era sul posto di lavoro. Ma a chi? A cosa? Questo dagli atti non è mai emerso. Nell’udienza di ieri sono stati ascoltati anche i medici della struttura, che hanno confermato quanto già detto al processo dalla direttrice dell’ASUR, ovvero che non si sono mai trovati di fronte a morti anomale.
Poi è stata sentita la dottoressa che ha in cura l’infermiera considerata la grande accusatrice, la quale ha ulteriormente minato la credibilità della testimone chiave. «Quell’infermiera», ha dichiarato l’avvocato Francesco Voltattorni, che difende Wick insieme al collega Tommaso Pietropaolo, «ci dovrebbe spiegare come faceva a sapere che la famosa boccetta ritrovata nello zainetto dell’imputato contenesse l’insulina killer, visto che il flacone aveva l’etichetta di un cortisonico e solo dopo un anno la perizia ha stabilito trattarsi di insulina. I conti non tornano. A meno che la testimone dell’accusa non sia una veggente».
Il 2 marzo si torna in aula per l’audizione degli ultimi tre testimoni della difesa. Poi sarà la volta della super perizia.
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