Il senso dello sniping: intervista al generale
In questa foto, il generale Luigi Scollo e il maresciallo Giuseppe Palmisano da noi fotografati al termine dell’intervista.
Il senso dello sniping: quattro chiacchiere col generale Luigi Scollo e il maresciallo Giuseppe Palmisano
Intervista di Gino Malanca pubblicata su Soft Air Dynamics n. 108 (febbraio 2019)
Abbiamo avuto l’onore e il piacere di incontrare il generale di divisione Luigi Scollo e il primo maresciallo luogotenente Giuseppe Palmisano – rispettivamente comandante dei bersaglieri alla battaglia dei “Due Ponti” in Iraq e caposquadra sniper nell’ambito della stessa operazione – alla presentazione del manuale On Sniping, di cui sono autori, edito dalla Libreria Militare di Milano.
L’occasione è stata propizia per sottoporre a questi due formidabili combattenti, veterani di tante missioni e grandi esperti nel campo delle tecniche e delle procedure d’impiego dei cecchini sul campo di battaglia, alcune domande sul ruolo e la formazione dei tiratori scelti militari.
Soft Air Dynamics – Oggi che sui campi di battaglia si fa sempre più spesso impiego dei droni per l’osservazione e l’intercettazione del nemico, qual è il senso e l’utilità dello sniping?
Luigi Scollo – Innanzitutto i droni hanno la capacità di osservare una determinata area anche rimanendo in volo sopra l’obiettivo per tempi prolungati. Però non è detto che abbiano la capacità d’interpretare quelle che sono le attività del nemico, o comunque della fazione avversa, come un’osservazione da terra. Le faccio un esempio: tutt’e due siamo stati coinvolti in Iraq in combattimenti nel 2004, e per una determinata azione è risultato particolarmente importante avere i droni che facevano le strisciate di fotografie dall’alto e contemporaneamente i tiratori scelti sul terreno che osservavano e davano delle informazioni supplementari rispetto a quello che poteva vedere il drone. I droni ovviamente sono molto utili perché hanno un’immediatezza di acquisizione dell’obiettivo, nel senso che possono andare in profondità, ma non è detto che in alcune circostanze possano efficacemente sostituire l’osservazione da terra. Questo per quanto riguarda il tiratore scelto militare come fonte informativa. Se poi associamo il fatto che il tiratore può eliminare con un solo colpo, o con pochissimi colpi, un bersaglio a distanze anche notevoli… parliamo di migliaia di metri… millecinque, duemila, quello che è… lei capisce bene che abbiamo di fronte un sistema che è in grado di osservare, valutare e intervenire senza avere il problema degli effetti collaterali. Quindi il concetto è: il drone va benissimo, ma poi utilizza un sistema d’arma che è un missile o un ordigno guidato. Il tiratore fa lo stesso lavoro, ma in maniera più chirurgica.
SAD – Bravi sniper si nasce o si diventa?
LS – Entrambe le cose. Ovviamente, se uno è negato per il tiro, è difficile che diventi un buon tiratore. Però l’addestramento serve per costruire chi ha già delle buone doti di partenza. Ma vorrei dire che forse è più importante, in campo militare, essere in grado di arrivare al bersaglio senza farsi scoprire, piuttosto che essere un ottimo tiratore che si fa beccare un chilometro prima, perché in questo caso il bersaglio non lo vede neanche.
SAD – Per diventare bravi sniper occorre avere bravi maestri o si può imparare da soli?
LS – Diciamo che normalmente si può imparare anche da soli, ma ci si mette molto di più… e si fanno più errori. Entrare in contatto con persone che conoscono un mestiere e ti possono svelare i trucchi, normalmente facilita l’apprendimento e soprattutto riduce i tempi. Uno può imparare a diventare qualsiasi cosa studiando, però deve imparare tutto quanto dai propri errori. Normalmente, il genere umano evolve perché s’impara anche dagli errori degli altri. Quindi avere dei buoni maestri riduce i tempi di apprendimento… e parlando di un’attività che in ambiente operativo è molto rischiosa, aumenta anche le probabilità di sopravvivenza!
SAD – Lo studio del vostro manuale può sostituire l’insegnamento di un bravo istruttore di tiro?
LS – No, non può sostituire un bravo istruttore, però diciamo che ti dà una buona infarinatura per capire innanzitutto se colui che ti sta insegnando è un buon istruttore. In secondo luogo, serve a orientarti sulle cose cui devi prestare maggiore attenzione per evitare errori.
Giuseppe Palmisano – Il libro è una valida guida anche per un buon istruttore…
SAD – A partire da quale distanza minima ha senso impiegare sul terreno operativo uno sniper?
LS – Dipende da che tipo di tiro vuoi fare. Nel tiro di polizia, anche cento metri, perché se io, per esempio, mi trovo in una situazione con ostaggi e ho un terrorista, un rapinatore, qualcuno che si sta facendo scudo di un innocente… e siccome la situazione non ha altre soluzioni e si decide per l’intervento, se io devo eliminare questo terrorista, devo farlo in modo che lui non abbia il tempo di rilasciare la sicura della bomba a mano o di sparare all’ostaggio, quindi io devo tirare al cervelletto. Per tirare al cervelletto, che misura grossomodo sei centimetri di larghezza, io devo avere una precisione tale da colpire con sicurezza entro quell’area. Se sei al di sopra dei cento metri, cominci ad avere qualche problema… nel senso che potrebbe esserci vento, oppure un vetro che mi devia la pallottola. Quindi, per il tiro di polizia, anche meno di cento metri può essere la distanza giusta. Se parliamo di tiro militare, invece, saliamo almeno a trecento, quattrocento metri…
GP – La distanza minima è quella che serve a non farsi scoprire, in modo da poter scampare una volta effettuato il tiro.
CHI SONO GLI AUTORI
Luigi Scollo è generale di divisione. Nato a Como nel 1958, ha prestato servizio nell’esercito per quarant’anni e ha comandato unità di bersaglieri fino al livello di brigata. Nel 2003-2004 ha guidato l’11° Reggimento Bersaglieri durante l’operazione “Antica Babilonia 3” in Iraq. A più riprese, nel corso della carriera, ha curato lo sviluppo del tiro di precisione militare, contribuendo alla stesura della dottrina addestrativa e d’impiego dei tiratori scelti. Ha preso parte alle missioni delle nostre forze armate in Libano, Albania, Iraq, Afghanistan e Libia. Già decorato nel 1983 con la medaglia di bronzo al valore dell’esercito per avere sventato un attentato al proprio plotone in Libano, ha ricevuto la croce d’oro al merito dell’esercito per i combattimenti della primavera del 2004 a Nasiriyah. Ha lasciato l’esercito nel 2014.
Giuseppe Palmisano è primo maresciallo luogotenente. Nato a Corato (Ba) nel 1966, ha prestato servizio prima nel 3° Battaglione Bersaglieri “Cernaia”, poi nell’11° Reggimento Bersaglieri. Nell’ambito degli incarichi operativi ricoperti, ha contribuito allo sviluppo presso il proprio reparto del tiro di precisione con la costituzione di uno dei primi nuclei di tiratori scelti dell’esercito italiano. Ha preso parte alle missioni delle nostre forze armate in Kosovo, Iraq, Libano e Afghanistan. Durante la missione del 2004 in lraq, impiegato come capo nucleo tiratori scelti dell’11° Reggimento Bersaglieri, è stato coinvolto in ripetuti scontri a fuoco e ferito durante l’operazione “Porta Pia” a Nasiriyah, meritandosi la medaglia d’argento al valor militare. Ha lasciato l’esercito nel 2012.
Luigi Scollo all’epoca in cui comandava, col grado di colonnello, l’11° Reggimento Bersaglieri, unità coinvolta nella battaglia dei “Due Ponti”.