Polveroni italiani: la notte dei lunghi BB
Rassegna stampa
Polveroni italiani: sgominato gruppo di svalvolati con paccottiglia nazista e “pericolosissime” ASG, che però, stando a quanto riferisce “La Repubblica” – di cui riportiamo qui sotto per intero la corrispondenza – «potrebbero aver subito delle modifiche» (sì, facce ride!)
Neonazisti, una talpa nella polizia avvertì miss Hitler. “Gli sbirri ti osservano”. E scattò l’allerta
Arrestato uno dei 19 indagati: nascondeva un fucile a pompa e munizioni da guerra. L’inchiesta nata dopo un attentato a un centro immigrati di Pietraperzia
Salvo Palazzolo per La Repubblica Palermo
Caltanissetta – L’inchiesta sul nuovo “Partito nazionalsocialista italiano dei lavoratori”, che ieri ha portato a 19 perquisizioni, stava per saltare. Una talpa avvisò “miss Hitler”, Francesca Rizzi, una delle principali indagate: «Un mio amico poliziotto di Torino mi ha detto che sono attenzionata dagli sbirri», sussurrò la donna ad Antonella Pavin, l’ideologa del gruppo, «dobbiamo essere prudenti, bisogna far sparire le foto dal profilo Facebook Manu Manu o addirittura oscurare il sito».
Le indagini della Digos di Enna, coordinate dal Servizio antiterrorismo della polizia, hanno identificato la talpa in un assistente capo che era in servizio all’ufficio di gabinetto della questura Torino, si tratta di L.N., 54 anni, che è stato indagato per rivelazione di notizie riservate e accesso abusivo a un sistema informativo.
Per gli investigatori, coordinati dalla procura di Caltanissetta, è stata una corsa contro il tempo: dopo la soffiata, avvenuta nel novembre dell’anno scorso, gli indagati si erano fatti più prudenti nelle loro relazioni interne ed esterne.
Un arresto
Adesso, i poliziotti stanno esaminando il materiale sequestrato in tutta Italia, soprattutto telefonini, tablet e computer: c’è da ricostruire tutta la rete del nuovo partito nazista. Uno degli indagati è stato arrestato, si tratta di Maurizio Aschieri, 57 anni, di Monza: nella sua abitazione sono stati trovati un fucile a pompa e munizioni da guerra. All’esame della polizia ci sono anche altri fucili sequestrati nelle abitazioni degli indagati: ufficialmente, sono armi per il softair, ma potrebbero aver subito delle modifiche.
La genesi dell’indagine
L’ultima rete neonazista è emersa quasi per caso: i poliziotti della Digos di Enna stavano indagando sui colpi di pistola sparati l’anno scorso contro le finestre del centro migranti “Don Bosco 2000” di Pietraperzia, sono arrivati a un giovane della provincia che insultava i gestori della struttura. Il primo indagato di questa storia è lui, si chiama Carlo Lo Monaco, ha 30 anni, è un ragazzo borderline che attualmente è in cella per aver assassinato il padre Armando. I suoi contatti hanno portato alla rete neonazista.
Le prime intercettazioni hanno confermato la pericolosità del gruppo. Il loro motto era: «Invisibili, silenziosi e letali». Dicevano: «Bisogna formarsi militarmente, avere maggior sicurezza uno dell’altro, essere veramente di supporto operativo o anche solamente politico alla bisogna, avere dalla nostra l’effetto sorpresa, avere la conoscenza del territorio, quindi colpire e ritirarsi sui monti». La prima azione doveva essere una molotov contro una sede dell’associazione nazionale partigiani di Roma o Milano.
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